Le dichiarazioni dell’ex rossonero scuotono i tifosi del Diavolo. Ecco le sue parole che non lasciano davvero dubbi
Il mondo del calcio non se lo è potuto godere abbastanza. Il ritiro è arrivo a soli trent’anni. Il suo saluto al popolo rossonero a San Siro è diventato memorabile: “Era tutto triste. Erano tristi gli sguardi dei miei ex compagni, che cercai di incrociare il meno possibile, perché mi ero promesso di non piangere. Non fu una festa. C’era tristezza ovunque.
Quella del pubblico, e la mia. Correvo, perché non volevo far vedere che zoppicavo, battevo le mani alla gente. E intanto pensavo che non c’ero già più, mi sembrava di essere ospite del mio funerale. Parlava così Marcon Van Basten in un’intervista al Corriere della Sera quando fu invitato a ricordare il suo ultimo giorno a San Siro.
Rimpianto Van Basten: “Lottai fino all’ultimo”

Van Basten avrebbe potuto deliziare le platee di tutto il mondo se non avesse avuto quei problemi alle caviglie. Tornando a quel periodo, Rodolfo Tavana, ex medico del Milan di Berlusconi, ai microfoni della Gazzetta dello Sport, si è così espresso in merito all’olandese: “Mi opposi alla prima operazione, a cura del professor Marti, a Sankt Moritz, in Svizzera. Il professor Martens intervenne poi, per riparare il danno.”
Van Basten nel suo libro (Fragile, ndr) scrive che il chirurgo gli aveva detto che in due mesi sarebbe tornato in campo e che lui gli credette – prosegue Tavana -. E poi aggiunge che al Milan tutti si opponevano all’intervento. Lottai fino all’ultimo. Marti voleva pulire la cartilagine, io dissi a Marco che non bisognava togliere quel minimo di protezione che era rimasta. Niente da fare e mi dispiace, perché avrebbe potuto regalarsi e regalarci altri due o tre anni del suo calcio fantastico.
“Van Basten era uno sportivo nato – conclude Tavana – Quando è passato al golf, è arrivato ad handicap 3. Una volta andò a sciare, cosa mai fatta prima, e a fine giornata il maestro gli disse che sciava già come se avesse preso venti lezioni. Aveva la capacità naturale di apprendere qualunque gesto motorio. Marco resta il mio rimpianto più grande”.